Afroboliviani

Tra il 1510 e il 1791, l’anno in cui fu abolita la tratta degli schiavi, furono milioni gli africani rapiti a forza dalle proprie terre, principalmente Congo e Angola e condotti in America Latina, incatenati come animali e sottoposti a traversate in alto mare in condizioni disumane fino a condurli nella città boliviana di Potosí dove venivano venduti come schiavi.

Potosí, posta ad un’altitudine di 4.090m, nel 1600 era la seconda città del Latino America dopo Città del Messico per via della miniera d’argento più grande del mondo. Nei libri si scrive che si sarebbe potuto costruire un ponte d’argento dalla Bolivia alla Spagna.

Qui gli Afroboliviani erano considerati principalmente un bene di lusso. Venivano acquistati per lo più come servitù per le ricche famiglie spagnole e solo pochi erano dedicati al lavoro in miniera.

Per via delle condizioni climatiche e di altitudine a cui gli Afroboliviani non erano per nulla abituati, (in tanti morirono per il freddo) i padroni si resero conto che i loro investimenti avrebbero potuto fruttare notevolmente di più a nord della Bolivia, nelle “haciendas” dello Yungas dove il clima era molto più consono e dove si produceva cacao, caffé e soprattutto coca, pianta sacra per le popolazioni indigene che veniva destinata in larga scala a Potosì poiché le popolazioni indigene, impiegate nella miniera, ne facevano largo uso poiché convinti che gli donasse forza ed energia.

Nel 1945 l’allora presidente Gualberto Villarroel promulgò l’importantissimo Decreto Supremo N° 319, che dichiarò l’abolizione dei servizi di schiavitù e servitù, e qualche anno dopo assegnò agli afroboliviani terre in cui ancora attualmente vivono e lavorano in armonia e serenità. Oggi vivono circa 25 mila afroboliviani nei territori dello Yungas, mentre un numero cospicuo vive nelle grandi città come La Paz e Santa Cruz, in cerca di migliori condizioni e remunerazioni lavorative.
Attualmente la comunità afroboliviana vanta forti radici culturali, basate sul patrimonio lasciatole dagli antenati emigrati dall’Africa. Le sue più grandi espressioni culturali si basano sul canto, sulla danza e sulla cucina. La cultura afroboliviana ha deposto le proprie tradizioni all’interno della cultura della Bolivia, e le sue influenze principali sono la Saya, danza oggi ballata in tutto il paese, che rifletteva le preoccupazioni sociali del tempo con versi rima e un gran ritmo africano fatto di tamburi e altri strumenti tipici dell’Africa.

 

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